| Jubei
appena le due ragazze si separarono, Jubei non perse l'occasione per pattarle la testa come si farebbe con un micio in cerca di coccole, e subito dopo la prese per mano conducendola, attraverso il labirinto di corridoi e porte, di fuori, all'aria aperta, nel giardino interno dell'ospedale. il cambio di aria fu veramente radicale: dall'aria secca, asettica, controllata e immobile, densa quasi come melassa che si respirava all'interno dell'edificio; a quella dell'esterno, leggera e allegra, giocherellona, con i piccola sbalzi di temperatura, il vento che, a volte giocoso, a volte severo, non si stanca mai di soffiare, ora in una direzione, ora in un'altra. un paesaggio da favola, da poesia. anche se non silenzioso ne tranquillo, la sensazione di pace che regalava era veramente profonda. non erano i soli, e tra le persone (poche) che visitavano quel posto, una coppietta di anziani, lei era la paziente, lui era venuto a trovarla, passeggiavano, ad una velocità che pure una lumaca avrebbe trovato lenta, ma felici di essere ancora li, un'altro giorno, assieme. salutarono le due scheggie bianco e cremisi, probabilmente ricordandosi quando anche loro, decenni prima, correvano senza posa, verso il loro radioso futuro. Jubei portò Giglia al centro del giardino. era molto particolare: la forma era quella tipica di un pallone da rugby, con un anello esterno, dove si passaggiava, e uno interno, che circondava una fontana dove sguazzavano tantissimi pesci rossi, animale porta fortuna, attorno alla fontana, vi erano le panchine, per poter ammirare i riflessi di quei pesci, e tutto attorno, erano disposti alberi e piante, ordinati, puliti, e sempre curati. ovviamente non era Jubei che aveva iniziato tutto, ma la sua inventiva e la sua voglia di fare aveva contagiato il direttore, che le aveva dato dato il permesso di apporre piccole modifiche.. e ora era felice, visto che proprio quel giardino era diventato il punto di orgoglio dell'intero complesso. le piante, se si faceva, caso, erano tutte piante mediche, ognuna con il suo cartellino, a spiegarne l'origine, gli usi. un enorme Aloe si stagliava proprio davanti a loro, con le sue foglie carnose e morbide, ma che, se non attenti, potevano pungere dolorosamente. a farle ombra, un salice imponente, la pianta da cui si ricavano vari medicamenti. vi era poi una Cinchona, e una rarissima pianta di mirra.. e tantissime altre. questo è il rifugio segreto fi Jubei disse, radiosa la ragazza, spalancando le braccia come veler abbracciare tutte quelle piante, parecchie molto più grosse di lei...
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