Potremmo sbrigarcela in fretta, dire che Aoi hana è la versione fatta bene (o, almeno, fatta meglio) di Maria-sama ga miteru, e chiuderla qui.
E invece c’è altro da dire; si può almeno provare a spiegare il perché; e vedere come i due titoli abbiano viaggiato su binari e mezzi piuttosto differenti, e distanti, pur convergendo alla superficie nel loro blending di divise scolastiche, rapporti tra ragazze in bilico tra amori e amicizie, narrazione sommessa, e quel vago sentore d'ottocento europeo ch'è ancora residuo persistente (per quanto ormai quasi impercettibile) dell'estetica degli shoujo manga d’un tempo.
Binari e mezzi differenti e distanti. Maria-sama ga miteru ha percorso il suo viaggio su quelli più mainstream, con gran profusione di media, dipanandosi in trentacinque volumi di romanzo originale (ancora da finire, tra l’altro), otto di fumetto, tre serie televisive, e una d'OVA. Per ora. Il classico best seller. Aoi hana, di suo, vanta un curriculum ben più modesto: il fumetto, ancora in corso, ha all'attivo solo quattro volumi, pubblicati con lentezza a partire dal 2004; e poi c'è la serie televisiva, undici piccoli episodi trasmessi nel corso di quest'estate 2009.
Shimura Takako, l'autrice, ha però un retroterra già più vario, con pubblicazioni su diverse riviste, anche di fumetti erotici (i suoi lavori di questo tipo, per sua espressa volontà, non sono stati mai riproposti in volume).
Il suo debutto è del 1997, su Comic Beam, rivista a bassa tiratura (per i criteri nipponici) ma con un zoccolo assai duro di aficionados a reggerla. Tra i titoli di Comic Beam c'è, arrivato anche in Italia, Emma (2002-2006) di Mori Kaoru, il manga sulla cameriera occhialuta dell'epoca vittoriana.
Almeno sino ad Aoi hana i lettori lamentano che la Shimura, col suo tratto essenziale e spartano, non racconti con sufficiente chiarezza, che lasci perplesso il suo pubblico anche su ciò che sta accadendo tra i personaggi. Con Aoi hana le cose migliorano, l’autrice introduce un maggior descrittivismo grafico, ricorrendo a fondali e dettagli d’ambiente per costruire le situazioni.
In realtà anche i primi capitoli di Aoi hana hanno un tratto estremamente scarno, che non concede nulla al superfluo. Da una parte si può pensare a un’adesione a certo stilismo underground, o comunque adult oriented, quello che rifiuta i fronzoli visivi per affidare i suoi stati d’animo alla sobrietà di situazioni e dialoghi puri; ma il più delle volte il sospetto è che le doti grafiche della Shimura siano ancora alquanto da sgrezzare, che le sue vignette spoglie non siano esito d’un lavoro di pulizia e sottrazione studiata, ma di capacità espressive spesso ancora sotto al minimo sindacale, per non dir dilettantesche.
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