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Casa di Reiko Murakami

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Steppy-chan
CAT_IMG Posted on 3/2/2016, 16:43     +1   -1




Reiko Murakami

A una simile replica, Reiko aggrottò le sopracciglia. Un flusso di sangue le risalì alle gote, mascherato da un sorrisetto nervoso. Stava cominciando in quel momento ad abbozzare i colori. Quasi senza accorgersene, la penombra che avvolgeva la propria modella si trasfigurò, posandosi sulla tela in una versione più giocosa. I granelli di polvere che volteggiavano nell'aria, trafitti dai raggi che trapelavano dalla finestra, assunsero le sembianze di lucciole estive. Le pelle che stava ritraendo smise di riflettere la luce, divenendone lei stessa fonte e rispondendo a quell'accenno di sole come una stella rivale. I riflessi danzavano fra loro, trasformando un'immagine lineare in un campo di battaglia. Pugili che, dopo essersi riempiti di botte, si toglievano i guanti e volteggiavano sul ring in un ebbro valzer.

Ovvio che erano minuzie: non stava colorando Reiko di un rosso acceso o di un giallo mieloso. Era bensì una questione di sfumature, tutto qui. La risposta l'aveva sorpresa: Chisato le aveva rivoltato la sua punzecchiatura contro. Ora era lei a dover interpretare le parole, ipotizzare questo o quel significato, optare alla cieca per una teoria e sceglierla fino alle più estreme conseguenza. Non si aspettava di finire sotto i riflettori, interpretando l'inquisita. E non si aspettava neppure che fosse un ruolo così divertente. Il poliziotto buono e quello cattivo (la bambina e l'adulta) le urlavano furiosamente nelle orecchie, ma le loro parole raccontavano delle barzellette.

Intendi Hogwarts? Mhm, ammetto speravo di qualcosa di un po' più maestoso. Non penserai mica di conquistarmi, se sei tanto attaccata al portafoglio! Comunque, mi posso accontentare: alla fine, i soldi non danno la felicità, no? Ci sono tante altre cose...

Riguardo la seconda parte del discorso, Reiko era più incerta La vera domanda non era: Chisato starà dicendo sul serio? Per quanto rilevante, non era di primo piano. Inoltre, non esistevano il bianco e il nero, intenzione e non intenzione. Per esempio: lei trovava quella ragazza attraente? Sì, no, forse, chissà, dipende... E in che modo la trovava attraente? Beh, dipendeva dal contesto... Anche un piatto di gamberetti, condito con maionese fatta in casa, era attraente, ma questo non significava che volesse sbranare la cliente (anche perché non era tanto professionale). Insomma, non c'era un confine netto tra desiderio e indifferenza, attrazione e repulsione, sicurezza e disagio, lapidi e coriandoli...

La questione principale era: mettiamo che io accetti e che poi scopra che lei ci sta davvero provando con me e metta in pratica questo proposta; come reagirei? Non ne aveva la minima idea, ma questo in realtà la stuzzicava. Si riteneva un oggetto d'osservazione interessante e, nell'ambito del buon senso, amava mettersi alla prova e sperimentare i propri limiti (compresi quelli emotivi).

Tuttavia, se lei accettava con troppo entusiasmo e quella proposta si fosse rivelata una burla, c'avrebbe fatto una figura ridicola. Anzi, di una cosa del genere non le interessava un fico secco... Quella situazione però le piaceva e non voleva guastarla con l'impulsività. Per questo motivo, continuò a muoversi in modo scherzoso. Era come se lei e Chisato si stessero fissando negli occhi, sfidandosi a chi avrebbe riso prima.

Superò il treppiede, muovendo dei passi incerti verso la cliente. Una chiazza di blu le sporcava lo zigomo, mentre si premeva l'indice sulle labbra, con fare meditabondo. La sua voce si fece più seria, ma in modo così esagerato da comunicare l'effetto opposto.

Per me potrebbe anche andare bene, ma come la mettiamo con il conflitto di interessi? Poniamo che, prima che io finisca il lavoro, tu ti innamori perdutamente di me: mi sentirei in colpa a farti pagare, no? Di certo, è una questione assai spinosa...

Le volta le spalle, posando lo sguardo sul soffitto e incrociando le mani dietro la schiena.

La situazione cambierebbe se l'appuntamento in questione fosse di gran classe, cioè se tu mi offrissi una cena che mettesse in secondo piano la mia remunerazione... Parlo di un posto di quelli chic, in cui si mangi e si beva bene. Possibilmente non troppo lontano dalla strada: senza il rumore del traffico, non digerisco bene...

Si rendeva conto di non aver proprio descritto un posto chic, ma quello era un dettaglio irrilevante.
 
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