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| Sawako Manabi
Non ci stava capendo più niente. La testa era vuota, sentimenti contrastanti la spingevano a dire cose di cui nemmeno lei riusciva a capire l'origine. Fossero dettate dal cuore o spinte dalla ragione, non lo sapeva. Sawa era così confusa da rimanere senza parole. Quelle di Tsumugi, invece, erano dure e pungenti. Ma erano vere. Nonostante il suo disgusto, avrebbe potuto fare a meno di rivelare una cosa del genere mettendo in discussione i sentimenti dell'altra. Per lei era sbagliato, ma la cosa iniziava e finiva con Sawa stessa, che stava subendo l'umiliazione in silenzio e con i lacrimoni che le cadevano direttamente dalle ciglia senza rigarle le guance. "E' che avevo paura...", tentò di giustificarsi in questo modo, ma non avrebbe fatto che peggiorare la situazione. La rabbia si impossessò dei suoi occhi quando alzò lo sguardo, un sentimento rivolto a sé stessa che le rodeva dentro già da tempo e che non poteva, non voleva vedere. Non era la paura di Tsumugi, ma qualcosa di ancora più difficile. "Dovrei odiarmi per quello che sono, dovrei odiarmi per quello che faccio. Non posso dirlo a nessuno!" -Non è te che disprezzo!-, adesso la sua voce era incrinata dal pianto, ma ben udibile. Il suono della campana che richiamava le studentesse alle rispettive classi e i docenti al proprio lavoro ebbe come l'effetto di una sveglia su Sawa, che si asciugò in fretta le lacrime e passò di fianco a Tsumugi velocemente come per scappare. "Che altro potrei fare?", pensò. -Sono io che non mi sopporto-. Il discorso per lei era sospeso, o chiuso a seconda dei punti di vista. Quando rientrò mascherò il più possibile gli occhi, leggermente gonfi e arrossati. In quei momenti sembrava molto più femminile. Evitò di indovinare la natura del punto interrogativo che le compagne di classe avrebbero portato sopra le loro teste, vedendola andare via minuti prima con "la donnaiola Tsumugi" e tornare tutta da sola. "Non mi interessa se sanno di Tsumugi. Non mi interessa più se sono come lei, tanto io non sono meglio di loro!" Non vedeva l'ora che iniziasse la lezione così da potersi concentrare su qualcos'altro per poi defilarsi al dormitorio. Intanto ripensava alle parole dette dall'altra poco prima nel corridoio: "Visto che una notte e basta a loro va bene"...
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