Allora see you later!
Quell'espressione andava bene se bisognava incontrarsi di lì a breve? E che importanza poteva avere: tutti sapevano che l'inglese è un'opinione, no? Dopo aver ricevuto conferma, chiuse il cellulare e lo rimise dove l'aveva trovato. Dopodiché fece un salto in camera, dove si mise a frugare fra l'amalgama caotica per trovare un foglietto adesivo e una penna. Appese quindi un messaggio al frigo, sintetizzando il contenuto della chiamata. Un'agenda sarebbe forse stata più pratica, ma sarebbe anche stato un ulteriore arnese da tenere in ordine. Come stabilito, si diresse di nuovo verso il tanto amato divano. Non si prese la briga di puntare la sveglia: tanto quanto avrebbe potuto dormire?
***
Due ore e mezza più tardi, di svegliò di soprassalto. Rendendosi vagamente conto del ritardo, si alzò per trovarne conferma. Le tre e mezza: le rimanevano appena trenta minuti. Erano migliaia di secondi, ma meglio non prendersela comoda. Ergo, prese a correre come una forsennata. Arraffò dal frigo dei cibi precotti, che in seguito ingurgitò senza quasi masticare, per poi lavarsi i denti (o meglio, spalmarci sopra un po' di dentifricio). Infine, s'infilò sotto la doccia... dimenticandosi dell'accappatoio in camera e dovendo quindi uscire a prenderlo come mamma l'aveva fatta. Aprì i cassetti dell'armadio e s'infilò quello che le capitava sotto tiro: blue jeans, maglietta e una felpa bianca sformata. Non provò neanche a pettinarsi, sapendo che era una causa persa. Tornata in cucina assieme al materiale base da ritrattista (fogli, treppiede smontabile e un set di pastelli e carboncino), si dedicò a donare all'ingresso una parvenza di rispettabilità'... o almeno, quella era la sua intenzione. Il campanello suonò invece in anticipo, costringendola ad abbandonare i piatti nel lavandino e a lasciare la tavola semiapparecchiata.
Sì? Ciao! Sono Chisato, quella del ritratto! Ciao, sali pure!
Aprì quindi la portone del condominio, approfittando di quel prezioso lasso di tempo per compiere un ultimo intervento disperato al disordine. Quando udì i passi di Chisato sul pianerottolo, spalancò la porta dell'appartamento.
Benvenuta... mormorò un po' frastornata.
Aveva i capelli verdi. Non che lei giudicasse gli altri per come si tingevano (non poteva fregargliene di meno), ma non poteva negare che faceva un bell'effetto. Per il resto, Chisato era piuttosto elegante, con quel matrimonio di rosso e nero che si intonava così bene con il colore dei suoi capelli e dei suoi occhi. Il che non era necessariamente un bene: di solito i cliente privi di senso estetico erano quelli più facili da gestire, visto che si accontentavano di tutte le scemenze che gli rifilavi. D'altro canto, Reiko doveva ammettere che le piaceva potersi mettere alla prova con gente di stile. Si fece dunque da parte, per lasciare entrare l'ospite. Le scarpe accanto al tappetino erano ben visibili, quindi sperò che le notasse e si togliesse le proprie, dato che avere un pavimento pulito era l'unica regola su cui non transigeva. Una volta dentro, le avrebbe teso la mano: alla maggioranza della gente non piaceva, ma trovava che fosse un'abitudine carina. Sempre meglio di quei dannati inchini: aveva ancora maldischiena per tutte le volte che si era dovuta flettere, per le vie del suo villaggio natio.
Scusa il disordine, ma ho avuto un po' da fare.
Balla pazzesca e non tanto credibile, visto che aveva ancora i capelli umidi di doccia, ma non stava mica rispondendo a un interrogatorio.
| |